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HomeBlogPopoli e cultureI Miti Greci

I Miti Greci

in Popoli e culture

La Grecia e i suoi Miti

Se noi oggi guardiamo agli antichi miti con l’occhio benevolo di chi ha ormai superato certi confini e può permettersi di trattarli come vecchie favolette da raccontare ai bambini prima di addormentarsi, è perché siamo figli di un lungo processo evolutivo che ha avuto la scienza alla sua base.

Ma un tempo non era così: ogni popolo ha costruito le fondamenta della sua cultura elaborando narrazioni mitologiche e tramandandole oralmente di generazione in generazione, affinché diventassero patrimonio comune e specifico.

Molte di esse servivano a giustificare certe realtà o certi comportamenti, altre invece ad insegnare ciò che va considerato positivo da ciò che va invece considerato negativo, altre infine a sostituire quelle certificazioni scientifiche che le modeste scoperte di un tempo non potevano permettersi di giustificare.

Ogni evento, ogni comportamento, ogni situazione ha sempre avuto un preciso riferimento mitologico: serviva a spiegarne le cause e a illustrarne le conseguenze. È il motivo per cui al giorno d’oggi non c’è comunità che non porti le tracce della mitologia della civiltà da cui discende. Noi, ad esempio, poggiamo i pilastri delle nostre conoscenze sulla cultura latina, che a sua volta si è abbeverata alle sacre fonti della cultura greca, dalla quale non a caso ha assimilato gran parte dei suoi miti, molti dei quali adattandoli a quelli che prima del contatto rivelatore aveva elaborato autonomamente.

È quindi alla mitologia greca che dobbiamo guardare se vogliamo capire chi siamo, da dove veniamo e soprattutto dove andiamo: sono quelli i nostri caratteri dominanti, in base ad essi progettiamo ed elaboriamo il nostro futuro, anche senza volerlo.

Ulisse

Si prenda ad esempio il notissimo mito di Odisseo, diventato poi Ulisse nella traslitterazione latina: Dante stesso, pur non conoscendo direttamente le fonti greche, ne ha fatto l’eroe più umano della sua Commedia, affidandogli la straordinaria simbologia dell’uomo assetato di sapere, così assetato da rinunciare agli agi e alle comodità per spingersi a conoscere l’universo intorno a sé anche a costo della propria vita. Ce lo aveva già raccontato Omero prima nell’Iliade e poi nell’Odissea, i capisaldi, insieme alla Teogonia di Esiodo, della mitologia greca: Ulisse non torna a casa subito dopo aver combattuto la guerra più straordinaria che l’umanità ricordi, ma gira per il Mediterraneo, spinto, è vero, dal volere degli dei, ma anche da una voglia insaziabile di conoscenza.

E una volta tornato a casa ed essersi di nuovo seduto sul trono di Itaca, abbandona tutto, secondo la variante del mito che Dante asseconda nell’Inferno, perché deve sapere cosa si trova oltre le colonne d’Ercole. Ma si spinge oltre il lecito e gli dei lo puniscono con la morte. Una storia come tante, raccontata migliaia di volte nelle antiche regge da cantori errabondi davanti al fuoco e a decine di volti sbigottiti: perché non erano storie, ma esempi di vita, suggerimenti di comportamento, simboli dei valori più importanti da perseguire nella propria esistenza.

Dal Caos a Zeus

E che dire del mito della nascita del mondo? All’inizio era solo Caos: all’improvviso comparve Gea, la terra, che generò Urano, il cielo, con cui si unì per dare vita ai Titani, ai Centimani e ai Ciclopi; quindi generò Ponto, il mare, finché una sanguinosa resa dei conti fra Urano e uno dei Titani suoi figli, Crono, il tempo, non diede a quest’ultimo il potere assoluto.

Con Era Crono ebbe numerosi altri figli che lentamente popolarono la terra, fra cui Poseidone, dio del mare, Ade, dio dell’oltretomba, e Zeus, dio della terra: fu quest’ultimo a sfidare il padre e, con l’aiuto della madre, a subentrargli nel regno del mondo.

Spiegato questo, nessun greco antico si poneva ulteriori interrogativi sulle dottrine in base alle quali il mondo sarebbe stato l’evoluzione di una serie di ere ciascuna caratterizzata da specifiche situazioni.

Il mondo era così per quello e gli uomini si comportavano in un certo modo per una serie di giustificazioni che trovavano sempre i loro riferimenti più importanti nel mondo dei superni, le divinità che abitavano sull’Olimpo e che inevitabilmente avevano atteggiamenti assai simili a quelli degli umani: d’altronde nella religione e nella mitologia greca è stato l’uomo a creare gli dei a sua immagine e somiglianza e non il contrario, come invece illustrato dalla dottrina cristiana che delle antiche mitologie sembra voler fare a meno, anche se non è assolutamente così.

Mito e Scienza

L’influenza dei miti dell’antichità si è spinta anche all’interno delle religioni monoteiste, finendo per costringere i ministri del culto a creare, giustificandoli opportunamente, sincretismi difficili da sostenere, ma indispensabili per rendere comprensibili le nuove dottrine.

D’altronde chi sarebbero i santi patroni se non la trasfigurazione delle divinità antiche e delle loro specifiche prerogative a vantaggio degli uomini che li invocano per ricevere qualcosa da loro?

Il sistema nell’antichità ha retto bene, anzi benissimo, fintanto che la scienza non ha iniziato il suo faticoso cammino: ogni scoperta scientifica è stata una picconata all’antica mitologia, che ha iniziato a perdere pezzo dopo pezzo tutto il suo prezioso bagaglio di conoscenze fino a ridursi a riferimento simbolico, comunque importante, come il mito di Ulisse sopra ricordato ha dimostrato.

Eppure spesso scienza e mitologia hanno raggiunto conclusioni simili, a testimonianza che la perspicacia degli uomini è stata a volte tale da anticipare gli esiti.

Sia l’una che l’altra parlano di cose invisibili o poco comprensibili e lo fanno l’una attraverso le teorie, l’altra attraverso i miti, entrambi narrazioni utili per rendere materiale ciò che materiale non è.

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