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Le Rune: Origini e significato

Da dove nascono le Rune?

Da che mondo è mondo, da noi l’alfabeto è l’abbiccì. Si indica cioè la collezione delle singole lettere limitandola alle prime dell’elenco, la stessa operazione, peraltro, accaduta glottologicamente con la stessa parola alfabeto, ovvero l’insieme delle prime due lettere dell’alfabeto greco, alfa e beta.

 

Ecco perché non ci si deve sorprendere se anche l’antichissimo alfabeto runico, che chiamiamo, appunto, alfabeto proprio per far capire di cosa stiamo parlando, nei tempi in cui veniva parlato e scritto si chiamava futhark: era la sintesi vocale delle prime sei lettere, ovvero fehu, uruz, thurisaz, ansuz, raido e kaunan, e venne codificato in tempi assai remoti ma incerti dalle popolazioni germaniche, che pare ci siano entrate in contatto dopo aver frequentato gli empori e i mercati dell’Italia settentrionale.

La maggior parte degli studiosi è infatti convinta che le rune siano la derivazione di una delle cinque diverse modalità di scrittura nate dalla diffusione dell’alfabeto etrusco, sulle cui origini nessuno ha ancora potuto dire parole certe e attendibili.

Le prime iscrizioni storicamente certificate risalgono al II-III secolo d.C., ma la loro scarsa diffusione non ha consentito di sciogliere il mistero. Non a caso, forse, i singoli segni di quell’alfabeto sono stati definiti rune, visto che in lingua norrena, il germanico parlato dagli abitanti dell’attuale Scandinavia, run significa proprio “segreto”, come il vocabolo tedesco raunen (bisbigliare, sussurrare) può tranquillamente confermare.

Inizialmente questo alfabeto era costituito da 24 segni diversi, ciascuno corrispondente ad un suono: la loro caratteristica principale era la linearità. Nessuna runa presentava segni arrotondati o tondeggianti, probabilmente perché agli inizi le uniche superfici sulle quali potevano essere “scritti” erano il legno e la pietra e dunque gli scalpellini non potevano permettersi il lusso di arrotondare le lettere. Non è un caso infatti che il sostantivo inglese book e quello tedesco buch si possano far risalire ad una radice germanica bok il cui significato era “legno di faggio” (il faggio è chiamato buche).

Grazie all’assiduo lavoro degli studiosi oggi siamo in grado di conoscerne i suoni e di tradurre la maggior parte delle parole: un apporto decisivo alla sua decifrazione è giunto dalle numerose testimonianze scritte lasciate dai Normanni in Sicilia, alcune delle quali in testi bilingui e dunque facilmente confrontabili. Col passare degli anni ogni popolazione che ne ha fatto uso ha poi provveduto ad apportare modifiche, a volte modeste e a volte sostanziali: in alcune aree geografiche, per esempio, il futhark originario è stato ampliato a 29 caratteri, mentre in altre, come la Scandinavia, si è scesi a soli 16 segni: trattandosi di una lingua, d’altronde, è stato il suo uso a indirizzare gli aggiustamenti necessari ad esprimere ciò che serviva e dunque, come accaduto per molte altre lingue, anche le rune si sono dovute adattare.

Per dare credito a quel sistema alfabetico, gli antichi popoli che se ne sono impadroniti hanno pensato bene di attribuirgli origini mistiche e divine, al punto da individuare in Odino, il re dei loro dei, lo scopritore di quei magici segni, come ben raccontato nel poema intitolato Havamal. Si trova in quei versi anche la giustificazione al fatto che la scrittura sarebbe un sistema magico non solo per dare una forma espressiva alle cose, chiamandole con il loro nome, ma anche per circondarle di un’aura soprannaturale: così almeno gli studiosi interpretano i tanti pezzetti di legno rinvenuti in aree dalla chiara valenza religiosa istoriati da rune di vario tipo e significato. Probabilmente i sacerdoti ne facevano uso per interrogare gli dei sul futuro e per organizzare rituali misterici sulle cui caratteristiche poco conosciamo.

Con l’avvento del Cristianesimo anche a quelle latitudini e la conseguente diffusione del latino, l’alfabeto runico lentamente iniziò a perdere appeal: le rune erano infatti riservate esclusivamente alle iscrizioni, ma il sistema di traduzione dei testi introdotto dai monaci virò per comodità e opportunità sull’alfabeto latino, comunemente utilizzato nei codici manoscritti. Solo alcuni pervicaci sostenitori della forza della tradizione cercarono di far sopravvivere l’antica forma espressiva, con la quale confezionarono persino dei poemi epici, ma la fine del sistema era ormai segnata.

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A recuperarne gli aspetti esoterici furono però, secoli dopo, Romanticismo e fantasy, che attinsero a piene mani a quel patrimonio, contribuendo alla sua diffusione Ma al di là di ogni possibile distorsione, le rune furono utilizzate nel corso dei secoli come simboli religiosi e ancor più come elementi divinatori o addirittura talismani, in grado di proteggere chiunque li portasse con sé e li rendesse visibili. I sacerdoti delle popolazioni nordiche, indipendentemente dalle origini dei popoli che negli anni invasero le loro terre, continuarono ad esercitare il loro potere facendo riferimento alle rune che portavano con sé in sacchetti ben confezionati, istoriate su sassolini di fiume o su schegge di legno raccolte in particolari situazioni.

Ovviamente le rune intese come lettere di un rudimentale alfabeto cessarono di conservare la loro primitiva funzione e si trasformarono in simbolo di concetti e situazioni. Si estraeva la prima runa, che rappresentava il problema da risolvere, a cui facevano seguito la seconda, ovvero l’inquadramento della situazione, e la terza, cioè la proposta di risoluzione. Sugli esiti, ovviamente, non si possono avere le medesime certezze, anche se negli ultimi anni sono state numerose le persone che si sono avvicinate a questo mondo fantastico.

La runa diventa un ideogramma e non più un segno alfabetico: se interpretata in questo modo, finisce per acquistare significati superiori e non sempre comprensibili ai più, che per questo hanno bisogno di un interprete. Una volta sarebbe stato lo sciamano del villaggio, oggi invece si fa riferimento agli studiosi della questione: il senso è quello di entrare in contatto prima e in condivisione poi con gli elementi di cui le rune sono il simbolo.

Un percorso mentale ed interiore che ha bisogno di grande predisposizione e disponibilità, nonché di una curiosità superiore alla media.

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