stonehenge

Breve storia dei celti

I Celti

Dici Celti e subito pensi ad Irlanda e Gran Bretagna. In effetti questo collegamento ha dotte giustificazioni, sia storiche che archeologiche, anche se la culla di uno dei popoli che fra IV e I secolo a.C. si spartì l’Europa insieme a Romani e Germani va individuata in un modesto fazzoletto di territorio che va dalle sorgenti del Reno a quelle del Danubio, oggi distribuito fra Germania, Francia e Svizzera.

 

A certificarlo con una discreta sicurezza sono stati gli esiti degli scavi condotti nel villaggio svizzero di La Tène, dove venne recuperata una grandissima mole di materiale risalente all’età del Ferro che provava come da quelle parti si fosse sviluppata una civiltà autonoma, del tutto differente rispetto a quelle che si trovavano nei dintorni. Nel giro di qualche decennio manufatti simili a quelli rinvenuti a La Tène furono ritrovati in molte zone d’Europa in quantità tale da non giustificare semplici scambi commerciali con le popolazioni autoctone: i Celti, là dove sono stati recuperati oggetti ad essi attribuibili, ci si sono stabiliti armi e bagagli.

L’accuratezza delle campagne archeologiche condotte nel XX secolo ha permesso di ricostruire gran parte dei loro spostamenti: inizialmente si diressero verso ovest, entrando nell’attuale Francia meridionale e giungendo fino alla penisola iberica; da lì risalirono la costa atlantica francese fino a raggiungere il canale della Manica: parte si trasferì sulle isole britanniche sfidando le onde su fragili imbarcazioni, parte invece si diresse verso l’interno, fin dove le tribù germaniche li lasciarono passare. Risale al X secolo a.C. la penetrazione in Austria, Ungheria e Italia settentrionale: un territorio vastissimo, nel quale però le singole tribù e i diversi ceppi si svilupparono secondo caratteristiche via via distinte rispetto a quelle originarie, finendo per dare vita a comunità diverse fra loro per usi, costumi e tradizioni, pur mantenendo un ceppo linguistico comune a cui fare riferimento nelle procedure di scambio commerciale.

los celtas

I ROMANI

Britanni, Galli, Celtiberi, Galati, Elvezi, Pannoni e Reti furono popoli che entrarono successivamente a contatto con i Romani e ne furono assoggettati, ma possedevano ormai connotazioni davvero differenti tra loro. A riunificarli sotto un’unica società furono i Romani, anche se, come da loro inveterata abitudine, alle popolazioni conquistate venne lasciata la libertà di continuare a praticare i loro riti, adorare i loro dei e perpetrare le loro tradizioni. Anche così però il sincretismo finì per sbiadire sempre più i loro caratteri originari, portando alla creazione di tratti comuni generali che sono alla base dello sviluppo delle nostre comunità. Un’eccezione venne rappresentata dai Britanni, che anche grazie agli ostacoli naturali riuscirono, pur conquistati dai Romani, a mantenere vive le loro specificità, prima di tutte la lingua, che da quelle parti continuò ad essere parlata mentre altrove predominava ormai il latino. Nemmeno le successive invasioni dei Germani riuscirono ad annacquare i caratteri originali, al punto che oggi gli unici eredi diretti dei Celti vengono considerati i popoli delle isole britanniche, capaci di conservare fino ai giorni nostri la lingua celtica nelle due varianti goidelico e brittonico.

historia celtas

LA SOCIETÁ  CELTICA

La società celtica era imperniata sulla famiglia patriarcale, quella in cui un grande vecchio dominava su tutte le generazioni successive e con esse condivideva tutti gli aspetti della vita, un po’ come nei clan scozzesi. Più famiglie costituivano tribù, a capo delle quali veniva nominato un re. Tutto sommato nulla di nuovo nel panorama delle antiche società protostoriche, ad eccezione delle condizioni della donna: i celti non facevano differenza alcuna fra uomo o donna e i diritti erano garantiti a tutte e a tutti, al punto che non era raro che alcune figure femminili particolarmente carismatiche diventassero regine o anche svolgessero le più importanti funzioni sacerdotali, quelle dei druidi.

Costoro non erano semplicemente il tramite ufficiale fra il mondo divino e quello umano, ma rappresentavano la massima autorità in materia di gestione dell’ordine naturale, i saggi per eccellenza in comunità in cui la scrittura non poteva essere utilizzata per fissare una volta per tutte i canoni di riferimento della scienza dell’epoca e in cui tutta la conoscenza veniva tramandata mnemonicamente di druido in druido, in modo da garantire il massimo del rispetto e della venerabilità a queste figure. Ai druidi, e in misura minore ai bardi, veniva affidata anche la trasmissione orale delle più importanti narrazioni mitologiche, grazie alle quali era possibile cementare nelle nuove generazioni il necessario senso di appartenenza alla comunità: della letteratura celtica delle origini sappiamo poco o nulla, mentre qualche informazione l’abbiamo potuta recuperare dai racconti più tardi elaborati dalle tribù irlandesi.

Per secoli definiti barbari dai loro avversari, Romani compresi, i Celti declinati in tutte le loro varianti non furono per nulla rozzi e anzi si distinsero in attività come l’oreficeria e l’artigianato, grazie alle quali riuscirono ad organizzare traffici commerciali con popolazioni lontane particolarmente consistenti. Poco sviluppata fu invece l’architettura, anche se oggi non siamo in possesso di numerosi resti che possano fornirci un’idea più precisa sulle modalità di realizzazione dei loro centri urbani.

Gran parte delle case e degli edifici pubblici antichi rinvenuti nei territori su cui i Celti si svilupparono è stata rimodellata secondo il gusto e le tecniche romane: non a caso recandosi in Francia la maggior parte degli esempi di abitazioni dell’epoca viene definita gallo-romana, proprio perché è difficile distinguere una netta cesura fra le due culture. Piuttosto rudimentali anche i precetti sui quali basavano la loro politica economica, rappresentata perlopiù da una sostanziale sussistenza agricola e qualche scambio commerciale dei prodotti di artigianato più ricercati: tuttavia erano le incursioni nei villaggi “nemici” a rappresentare la maggiore fonte di ricchezza per le tribù celtiche, visto che la potenza dei loro soldati era tale da creare problemi anche ad eserciti ben più strutturati, come quello romano.

I legionari nulla poterono fare quando nel 390 a.C. i Galli si spinsero fino a Roma, di cui resta famosissimo il cosiddetto “sacco”: assalti e saccheggi erano le loro strategie preferite, ma poco riuscirono a fare quando si trattò di organizzare campagne belliche più strutturate, durante le quali rimediarono sempre sonore sconfitte. Della cultura celtica qualcosa rimane ancora oggi a testimoniare comunque la grande influenza che quelle popolazioni ebbero nello sviluppo delle attuali società europee: e pazienza se qualcuno ha provato a distorcere alcuni simboli attribuendo loro caratteristiche assolutamente sconosciute al momento della nascita. Indipendentemente da ciò quella celtica è stata un’organizzazione sociale che è riuscita comunque a lasciare qualcosa di sé nei suoi discendenti. E non è cosa da sottovalutare.

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